Araldica del Molise
APPROFONDIMENTI ARALDICI SUGLI STEMMI CAMPOBASSANI
DEI MOLISE E DEI MONFORTE - GAMBATESA.
di Paolo Giordano e Salvatore Scivales.
http://paologiordanocb.blogspot.com/2014/10/approfondimenti-araldici-sugli-stemmi.html
Spigolature araldiche – Franco Valente
http://www.morronedelsannio.com/spigolature_araldiche.htm
ARALDICA NAPOLEONICA IN ITALIA a cura di GIACOMO C. BASCAPÉ e MARCELLO DEL PIAzzo
http://www.archivi.beniculturali.it/dga/uploads/documents/Sussidi/8_SussXI_t_745_1064.pdf
Il Molise medievale. Archeologia e Arte
a cura di Carlo Ebanista, Alessio Monciatti
https://books.google.it/books?id=qh4ZDgAAQBAJ&pg=PA182&lpg=PA182&dq=bibliografia+araldica+molise&source=bl&ots=VT97XiSZnR&sig=ACfU3U3uqWWwlkKOWC3oEAlfNH5xTJGyfw&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwjfg92x6LDnAhXHsaQKHe1aAKwQ6AEwCXoECAoQAQ#v=onepage&q=bibliografia%20araldica%20molise&f=false
Portale araldica
https://it.wikipedia.org/wiki/Portale:Araldica
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La maggior parte degli studi sull’organizzazione militare nel mondo antico dà rilievo solo a quella romana e inizia soprattutto dal III-II sec. a.C. quando ormai è avvenuta una sostanziale romanizzazione dell’armamento da tempo imposto anche agli alleati italici inseriti nell’esercito di Roma. Poco è stato fatto per conoscere gli sviluppi strategici e tattici verificatisi prima del III sec. a.C., eppure diverse fonti indicano proprio nei Sanniti quelli da cui i Romani appresero molto circa le modifiche da apportare al loro esercito. Oltre ad autori greci come Ateneo, Polibio, Diodoro, non mancano fonti latine come Sallustio che ricordano i contributi dati dai Sanniti all’evoluzione dell’esercito romano; il testo più esplicito è l’Ineditum Vaticanum, che ricorda non solo l’adozione romana dello scudo e della lancia sannitica, ma anche la sostituzione della falange con il manipolo e le trasformazioni portate alla cavalleria. Il codice di comportamento bellico dei Sanniti è stato caratterizzato da duelli di singoli che hanno offerto al guerriero l’opportunità di acquisire onore e prestigio all’interno della sua comunità. Il trofeo di spoglie insanguinate, tolte al corpo di un nemico, ha forI SANNITI IL TERRIBILE FASCINO DEL GUERRIERO di Gianfranco De Benedittis sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 5 6 nito la prova fisica di coraggio del guerriero e l’abilità in battaglia. L’immagine del guerriero italico nelle pitture tombali mostra una società rappresentata con i simboli del trionfo militare e offre un ideale visivo di quello che doveva essere un guerriero valoroso e onorevole. Alla fine del V la falange sembra ormai il sistema ufficiale utilizzato in guerra dai Romani. Questo tipo di schieramento può avere ottimi risultati in un campo di battaglia pianeggiante; non altrettanto può dirsi sui terreni accidentati tipici delle montagne appenniniche. I Sanniti usavano un ordine di battaglia flessibile e aperto piuttosto che schierare una falange serrata. Le loro cariche iniziali erano molto difficili da contenere al punto da sfondare le linee serrate dei Romani. Le difficoltà dell’uso della falange nelle aree interne dell’Appennino traspare bene in un episodio del 306 a.C. raccontato da Livio (Livio IX 43 7):“Anche l’altro console nel Sannio era superiore per forze, ma la sua posizione era più difficile. I nemici avevano sbarrato tutte le vie e occupato i passi praticabili, per impedire ogni possibilità di far giungere i rifornimenti; quantunque egli uscisse ogni giorno in campo, non era capace di indurli a combattere, ed era ben chiaro che né i Sanniti erano disposti ad affrontare per il momento la lotta, né i Romani ad accettare un rinvio della guerra”. L’immagine prevalente dei Sanniti che compare nelle fonti greche e latine in epoca preromana è senza dubbio quella di un popolo rude e bellicoso, dedito alla guerra. Ad avvalorare questa rappresentazione, il guerriero sannita è stato spesso identificato con il mercenario; fonti di V secolo in effetti ricordano i mercenari campani, al cui valore diede notorietà nel mondo greco la conquista di Cuma del 421 a.C. Poco dopo i Campani furono assoldati come mercenari in Sicilia sia dai Cartaginesi che dai Siracusani; in seguito mercenari campani noti come Mamertini occuparono Messina. Questa immagine ha avuto particolare favore nella ricerca storica, tuttavia l’esercito sannita è qualcosa di molto diverso; i conflitti da essi combattuti sono di veri e propri eserciti: a Sentinum nel 295, i sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 6 7 Guerriero sannita su un’anfora del Museo di Baranello sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 7 8 Romani e i loro alleati misero in campo un esercito di 40.000 uomini, i loro avversari, i Sanniti e Galli, 50.000; nel 293 a.C. secondo Livio, per formare la famosa legio linteata, si radunarono ad Aquilonia 60.000 uomini; secondo quanto ci racconta Polibio, le liste di leva del Sannio prima della seconda guerra punica (225 a.C.), comprendevano 70.000 Il primo dei dischi corazza rinvenuti a Carlntino (FG). sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 8 9 fanti e 7000 cavalieri; se si considerano le perdite territoriali già subite dai Sanniti, possiamo ipotizzare che allo scoppio della guerra contro Pirro nel 280 a.C. il potenziale bellico messo in campo dai Sanniti era di circa 150.000 unità (su una popolazione complessiva di 750.000/780.000 abitanti). LA GUERRA Nel periodo compreso tra VI e III sec. a.C. il modo di guerreggiare dei Sanniti propone due fasi; la prima, di VI-V sec. a.C., è caratterizzata da una forma semplice di guerra; è questa una fase con scarsa strutturazione socio-politica in cui la “guerra” è limitata a un conflitto intende a evitare finché possibile lo scontro aperto con l’avversario e a preferire incursiones o insidae; soprattutto si cerca di risparmiare la vita al nemico in quanto considerato possibile risorsa futura alla quale attingere con razzie e saccheggi. Tutto questo non deve far pensare a operazioni banditesche; i conflitti sannitici erano preceduti da incontri diplomatici gestiti da sacerdoti denominati “feziali” che applicavano lo ius fetiale; esso rispondeva a un duplice compito: permetteva un “dialogo” tra popolazioni della stessa etnia e portava l’eventuale guerra nella sfera della legalità. I contendenti, nella fase che precede lo scontro, cercavano di scoraggiare il nemico in tutti i modi possibili: tentando di impaurirlo con l’urlo di guerra o battendo ripetutamente sullo scudo che, allo scopo, aveva all’interno piccoli ciondoli metallici in grado di amplificare il rumore generato battendo ripetutamente sullo scudo con la lancia (clamor); la stessa motivazione era dietro i fastosi pennacchi posti sopra gli elmi o le decorazioni di animali mitici riprodotti sui dischi corazza. Dalle fonti si ricava che questa guerra capitava in genere nella buona stagione, verosimilmente dopo la mietitura, quando cioè buona parte della popolazione non era più interamente impegnata nei lavori agricoli, o dopo l’ultimazione degli spostamenti della transumanza così da poter sperare di ottenere un buon bottino attraverso la razzia dei prodotti alimentari del nemico da poco raccolte. sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 9 10 Di questo conflitto la forma più autorevole è il duello; è suo tramite che ilcapoclan afferma la propria virtus;in questa società il guerriero occupa un posto centrale; la guerra è però anche il fattore principale di quel processo di evoluzione sociale che culmina, tra la fine del V e gli inizi del IV sec. a.C., nella formazione dello ‘stato’. Quando i Sanniti della leggenda delver sacrum raggiungono Bovianum, essi si appropriano violentemente di territori di un’altra popolazione (gli Opici), avviando così un processo di stratificazione sociale che culminerà nella realizzazione dello Stato. La nuova organizzazione istituzionale darà l’avvio (IV - III sec. a.C.) alla realizzazione di una nuova fase della guerra in cui non ci sarà più il guerriero ma il soldato; i conflitti combattuti dai Sanniti nel IV secolo per la conquista della valle del Liri a discapito dei Volsci, quellicontro Alessandro il Molosso o le stesse guerre sannitiche parlano di eserciti ben strutturati a cui solo la presenza di un’organizzazione statale può dare vita e applicare modelli più complessi e istituzionalizzati. Uno dei vasi realizzati dagli Opici rinvenuto nella Piana di Bojano sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 10 11 LA LEGIONE MANIPOLARE A differenza dell’esercito romano che adottò a lungo lo schieramento a falange (un muro fatto di uomini e scudi), i Sanniti, abituati a operare sugli altopiani, adottarono coorti di 400 uomini suddivise in manipoli; in questo modo potevano combattere in formazione compatta e, se necessario, secondo un ordine di battaglia aperto. La versatilità tattica dell’esercito organizzato in manipoli permetteva così di combattere su quasi ogni tipo di terreno senza perdere la coesione. La sua combinazione unita agli armamenti prescelti permise ai Sanniti di affrontare il nemico sia da lontano che da vicino. Cratere a figure rosse con il ritorno del guerriero sannita sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 11 12 La rigida struttura della falange romana era invece incapace di tale flessibilità tattica e poteva solo infliggere perdite se l’avversario era a portata di mano. LE ROCCAFORTI Nell’ultimo quarto del IV sec. a.C., all’epoca delle guerre sannitiche, i Sanniti, come supporto alla guerra, costruirono nell’Appennino centro-meridionale circuiti in pietra attorno alle cime dei monti o lungo i pendii delle montagne; le mura erano disposte a formare lunghe fila di terrazzamenti artificiali, molto diverse dalle mura in senso greco o dall’agger in senso latino; l’inconsueta conformazione di queste fortificazioni si giustifica per la particolare propensione all’uso delle armi da lancio dei Sanniti: appaiono infatti come un sussidio per un adeguato spiegamento di lanciatori a cui, con questa sorta di piedistallo, veniva dato un netto vantaggio sull’attaccante. Erano costruite in modo approssimativo con blocchi megalitici informi e interstizi riempiti con zeppe; questa tecnica è ben diversa qualitativamente dall’opera poligonale vera e propria; le mura delle roccaforti sannitiche non sono frutto di maestranze specializzate, ma di militari o schiavi che recuperavano il materiale a monte delle mura per poi trascinarlo in basso. Queste roccaforti sono disposte in modo da avere un collegamento a vista e posizionate così da controllare il territorio e le principali vie d’accesso al Sannio. Il racconto liviano relativo alla conquista da parte dei Romani della sannitica Sepino nel 293 a.C. ci offre una descrizione precisa sull’uso di queste mura:“i Sanniti non si difendevano entro le mura più di quanto difendessero le mura con armi e uomini”. A questo sistema difensivo si riferisce l’episodio del 277 a.C. raccontato da Dione Cassio in cui i consoli Rufino e Giunio “devastarono il Sannio e presero diverse fortificazioni deserte. I Sanniti avevano trasportato i loro tesori più cari e preziosi sulle colline chiamate Cranita ... I Romani, provarono a salire su queste colline, ma la presenza di boschi e la difficoltà degli accessi determinò una dura sconfitta per i Romani”. sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 12 13 Il fittissimo sistema di fortificazioni presente nel Sannio dimostra che le legioni romane si sono trovate nelle prime fasi del conflitto contro i Sanniti di fronte a tecniche e strategie La postierla della roccaforte sannitica di Terravecchia sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 13 14 di combattimento in cui la falange di tipo tradizionale si trovava in grave difficoltà. Queste fortificazioni presentano tutte porte scee o postierle, sistemi costruttivi copiati dal mondo greco. Questo sistema di controllo del territorio era ben noto anche nella Magna Grecia, a Metaponto, a Taranto. La roccaforte sannitica di Duronia attraversata dal tratturo sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 14 15 LE ARMI I modi di fare la guerra sono espressioni di una cultura e di un tempo. Ogni comunità, nell’adattarsi alle caratteristiche della natura che la circonda, crea forme di armamento specifiche in grado di affrontare al meglio le difficoltà che il territorio circostante propone. Le caratteristiche delle armi di un guerriero e la loro complementarietà ci possono aiutare a capire lo scenario culturale che c’è dietro; essendo poi la guerra una funzione primaria della società antica, le espressioni di un territorio possono, nel confronto con i costumi bellici di altri territori, agevolarne il successo o meno. Dalla verifica nel tempo dei risultati ottenuti, queste armi e il modo di combattere si trasformeranno in tradizione di una comunità e saranno utilizzate come simboli sociali nel corredo funebre. Le lance e i giavellotti Nel IV secolo a.C., al momento dell’alleanza dei Sanniti con Taranto contro Roma, furono coniate monete che sul rovescio presentavano la punta di una lancia e, come legenda, il nome greco Saunitai in luogo di quello di Samnites. Il giavellotto, denominato in lingua greca saunion, viene così a rappresentare i Sanniti, questa volta l’etnico è definito da un’arma. Questo collegamento con il termine greco Saunitai è la raffigurazione di una particolare tattica di guerra che connota non solo i Sanniti ma i Sabelli in generale. A ben raffigurare l’armamento sannita nella fase arcaica è il guerriero di Capestrano: sui pilastri laterali che reggono la scultura sono rappresentate una lancia sul fianco destro e un giavellotto su quello sinistro. Le due armi presentano caratteristiche differenti: 1) il giavellotto non presenta il sauroter, una sorta di tallone appuntito in metallo; 2) entrambe presentano un gancio sull’asta, ma con posizione diversa. Il gancio serve per allacciare l’amentum, una striscia di cuoio che avvolta attorno all’asta sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 15 16 e srotolata nel lancio, comunicava all’arma una rotazione stabilizzante; oltre a migliorare la precisione questo sistema di lancio permetteva di raggiungere una distanza superiore di almeno un terzo rispetto ai lanci tradizionali; ben noto in Grecia, era un metodo di combattimento completamente diverso da quello degli Etruschi. Il giavellotto scagliato con l’amentum, a differenza di quanto s’immagina, è scagliato dal basso. Con quest’arma i Sanniti tenero in scacco le truppe romane del console Aulo Cornelio in una valle sotto il tiro dei loro giavellotti nel 345 a.C. (Livio, VII, 34, 9:”subiectum eum telis suis habuerant”). Differente è invece l’uso della lancia che, rispetto al giavellotto, viene utilizzato anche come arma da spinta. La preferenza per il giavellotto e la lancia indica che lo stile di guerra italico era almeno La moneta in argento coniata da Taranto con il saunion sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 16 17 in parte a distanza e quindi molto diverso dalla falange. Mentre i giavellotti erano popolari in Etruria, nel Lazio e nell’Italia meridionale, questa lancia multiuso era l’arma preferita dai popoli dell’Appennino centrale. La corazza La preminenza delle armi da lancio sembra confermata dalle caratteristiche della corazza sannitica, leggera e quindi poco adatta allo scontro ravvicinato. Tra gli elementi che compongono gli armamenti di difesa spicca il disco-corazza; di forma circolare mediamente di 19/24 cm, è realizzato con una sottile lamina di bronzo; un cordolo in ferro lungo i margini della lamina permetteva un solido collegamento con le bandoliere; un altro disco identico copriva la schiena. I movimenti effettuati dal lanciatore con l’amentum sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 17 18 Le località del Sannio dove sono stati rinvenuti i dischi corazza con l’animale fantastico distinti a seconda se lo rappresentano a rilievo (tipo Paglieta) o semplicemente graffito (tipo Alfedena) sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 18 19 Sui dischi sannitici è rappresentato un animale fantastico a due teste variamente interpretato, a volte realizzato a leggero sbalzo, a volte solo inciso; essi, oltre a indicare il rango sociale, servivano come indicatore etnico per l’intera popolazione. Armatura sannitica a tre dischi rinvenuta a Ksour es Saf sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 19 20 I dischi corazza (detti anche kardiophylaches in quanto proteggevano la regione cardiaca) sono presenti anche in altre regioni, ma quelli che mostrano questa decorazione compaiono solo nel Sannio; l’inconsistenza della lamina più che farlo ritenere parte dell’armatura, lo propone come identificativo di un gruppo etnico; la difesa era probabilmente invece legata a corsaletti di materiale organico definiti «spongia» da Livio (X 40, 2) o di lana che, pressati con l’aggiunta di aceto, «etiam ferro resistunt» (Plinio, N.H. VIII 192). La progressiva ricerca di maggior protezione dell’addome avrà come esito la corazza “sannitica” a tre dischi. E’ così chiamata per i tre dischi, due superiore ed uno inferiore, che formano un pettorale a forma triangolare disposti a coprire sia il petto che la schiena. Le due metà della corazza erano fissate fra loro mediante delle fibbie di metallo sulle spalle e sotto le ascelle. Un corazza di questo tipo è ben raffigurata nel cosiddetto Marte siciliano. In questo periodo nell’armamento sannitico compare anche la corazza anatomica, diversa da quella romana in quanto più corta per lasciare spazio al cinturone; una di questa è stata rinvenuta nei pressi di Campobasso. Lo scudo Aveva una forma leggermente convessa; all’esterno presentava vari tipi di immagini (una stella, un animale selvatico, la faccia di un demone, ecc.). All’interno dello scudo erano due maniglie, una posta verticalmente al centro e una ai margini; la prima permetteva il passaggio del braccio; la seconda serviva come presa per la mano sinistra; questo sistema dava al guerriero una salda impugnatura e un costante controllo del suo scudo. All’interno erano cuciti piccoli pendenti utilizzati per amplificare l’urlo di guerra. Tra i Sanniti lo scudo rotondo era il più popolare, ma non mancano altre forme. Dalle fonti classiche lo scudo sannita viene descritto con corpo obluno abbastanza grande da fornire un’adeguata difesa dai giavellotti e abbastanza resistente da essere usato nel comsanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 20 21 battimento corpo a corpo. Costruito in legno e pelle, lo scudo ovale era reso più robusto da una nervatura con una borchia centrale. Degli scudi di cui parlano le fonti non abbiamo che poche tracce; è però vero che erano soprattutto di legno, vimini, cuoio, solo in qualche caso rivestiti da una lamina bronzea per rafforzare la struttura. Questi scuta insieme ai giavellotti sono adatti al modo di combattere della legione manipolare sannitica. Umbone di scudo da Pietra Monte Corvino sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 21 22 Secondo Livio aveva la parte superiore dell’ovale tagliata, ma questo scudo, noto nel medioevo come scudo sannitico, era quello usato dai gladiatori noti come «sanniti», i quali troncavano la parte superiore in quanto, ben protetti dalle visiere degli elmi, ottenevano così una migliore visibilità. Gli elmi Un esercito che adotta la falange fa sicuramente uso di elmi corinzi, copricapi chiusi che offrono una completa difesa del volto, incluso orecchie e naso, e lasciano scoperto solo lo spazio per gli occhi; questi elmi sono però poco idonei alle tecniche di combattimento dei Sanniti in quanto riducono notevolmente l’angolo visuale e l’udito. Gli elmi sannitici nel VI-V secolo a.C. sono composti di una calotta su cui sono disposte due borchie emisferiche laterali e tutto l’orlo è circondato da una visiera obliqua; la visibilità offerta al guerriero è totale come pure la facilità d’ascolto. Sono realizzati con una sottile lamina di bronzo utilizzata per dare compattezza alla fodera interna, in cuoio o lana, in grado di assorbire il colpo; un sottogola legava il casco alla testa; trasversalmente la calotta era attraversata da una criniera; Dalle rappresentazioni che abbiamo sui vasi e sugli affreschi delle tombe sannitiche l’elmo era anche ornato da una coda di cavallo che era fissata nella parte superiore del casco. L’estremità di questa coda pendeva liberamente sul retro del casco. Successivamente quest’elmo fu sostituito da una variante di un prototipo greco denominato samno-attico. La maggior parte di questicaschirisalgono alIV sec. a.C. Il samno-attico era un elmo aperto; ai margini della calotta erano applicate delle cerniere da cui pendevano le paragnatidi, o para orecchie; grazie alle cerniere, esse potevano essere sollevate e legate sopra la calotta dell’elmo permettendo così una chiara percezione sia visiva che uditiva della collocazione dei commilitoni o degli avversari. In questo modo offrivano sia i vantaggi dell’elmo corinzio che di quello a calotta. E’ questo l’elmo più frequentemente raffigurato sui vasi campani a figure rosse, e sugli sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 22 23 Località da cui provengono gli elmi a calotta rinvenuti nel Sannio sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 23 24 affreschi delle tombe rinvenute in Campania dove compaiono ornaticon delle piume, probabilmente di aquile; esse potevano essere sia bianche che nere. Secondo Varrone (De lingua Latina V 142) l’ornamento dell’elmo era realizzato con penne d’aquila («pinnas quas insigniti milites in galeis habere solent»). La scure e la mazza In caso di scontro aperto i Sanniti ricorrevano alla mazza di ferro o alla scure; sono entrambe armi d’uso, la prima compare tra VI e V sec. a.C.; la seconda anche dopo. Come Elmo a calotta rinvenuto in agro di Carlantino sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 24 25 nel Guerriero di Capestrano, la scure è esibita anche come insegna del potere. Come strumento bellico la scure unisce alle doti di arma da botta quelle di arma da taglio e di arma da lancio. La scure, come arma, è stata utilizzata anche in seguito; a Monte Vairano ne sono state rinvenute tre, forse ultimi resti dell’ultimo conflitto con i Romani; una mazza di ferro compare in una tomba arcaica di San Pietro Avellana. ILe spade Nel VI secolo a.C. compare nel Sannio una spada in ferro, lunga 75 cm circa con elsa a croce e lama dritta a doppio taglio, con margini che si allargano a due terzi della lunghezza; spesso è decorata con intarsi in osso o avorio. La forma della lama presuppone un suo uso preferibilmente di taglio. Un arma del tutto simile reca il “Guerriero di Capestrano”, dove il puntale del fodero è decorato a traforo; l’ubicazione del fodero sul torace fa pensare che sia usato solo in un secondo tempo in caso di scontro diretto. La spada con elsa a croce è stata ritenuta da alcuni studiosi “adatta per il combattimento a cavallo”. Una delle tre scuri rinvenute a Monte Vairano sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 25 26 gambali I guerrieri sanniti avevano due schinieri, come testimoniano il Marte del Louvre, le pitture tombali sannitiche della Campania o l’affresco dell’Esquilino. Questi gambali arrivavano al ginocchio. I rari schinieri bronzei attestano la presenza di fanti pesantemente armati, ma non necessariamente schierati in linea. Secondo Livio (IX.40.3) il soldato sannita indossava un solo schiniere sulla gamba sinistra, ma la sua descrizione si basava sull’abbigliamento dei gladiatori che proteggevano la gamba destra con il loro grande scudo. Come alcune corazze, sembra che gli schinieri fossero indossati in certe occasioni rituali. Oltre agli schinieri è possibile che abbiano adottato anche le cavigliere, una sorta di gambale che proteggeva solo le caviglie. Il cinturone L’elemento che caratterizza l’abbigliamento del Sannita è il cinturone. Compare sempre nell’uniforme del guerriero come nei vestiti dei personaggi con altri ruoli sociali. Queste cinture si compongono di una fascia sottile di bronzo cucita su un supporto di cuoio; ad una delle estremità sono posti dei ganci decorati in modi diversi che si adattano a fori posti sull’altra estremità. I fori sono distribuiti in modo da consentire alla cintura di essere regolata per adattarsi alla circonferenza di chi la indossava. Il cinturone per un Sannita ha un significato importante: chi lo indossa è un uomo libero; perdere il cinturone equivale alla morte sociale. Negli affreschi rimasti, tra i trofei più importanti che il guerriero mostra a testimonianza del suo valore, sono i cinturoni strappati al nemico. Nell’armamento del Sannita la corazza anatomica in bronzo è sempre corta in quanto deve permettere al guerriero di indossare il cinturone. Il cinturone in buona sostanza è l’elemento che definisce il ruolo sociale di chi lo possiede e non il ruolo militare. Questo simbolo lo troviamo anche in alcune tombe di ragazzi in cui compare un cinturone di dimensioni minori. sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 26 27 Rarissimi ganci di cinturone sannitico con palmetta a forma di testa di toro rinvenuti a Bojano sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 27 28 La tunica Il guerriero sannita indossava una camicia con maniche corte fermata alla vita dal cinturone di bronzo e un grembiale corto che copriva una sorta di perizoma. Questa tunica era realizzata con un unico pezzo di stoffa decorata con motivi geometrici. Le maniche erano chiuse da nastri colorati; il colletto era largo e sempre circolare. Sono queste le tunicae versicolores menzionate da Livio (IX 40.3); la documentazione pittorica suggerisce che i guerrieri a cavallo erano equipaggiati in modo più elaborato, mentre il soldato indossava una tunica a motivi geometrici. LA CAVALLERIA Tra le sculture in pietra rinvenute nel Sannio, spiccano quelle dei cavalieri di Trivento, di San Biase e di Agnone. Gli scrittori antichi non danno descrizioni dettagliate sulla cavalleria sannita, tuttavia sappiamo che godeva di un’ottima fama; Diodoro ci ricorda che i 1200 Campani reclutati da Dionisio erano soldati a cavallo (Diod., 14.9.8-9); dei Samnitium equites parla più volte Livio (VIII 39.3; IX 27.5; X 20.13; X 41.11); nel 168 a.C. ritroviamo la cavalleria sannitica a Pidna (Livio, XLIV, 40, 5-6 duae turmae Samnitium equitum e una Aesernina). La carica della cavalleria sannitica era molto difficile da sostenere, tanto che in più di una circostanza determinò lo sfondamento delle linee romane (Frontino, Stratagemmi militari, II, 1.8; l’Ineditum Vaticanum). La presenza dei cavalli tra le truppe sannitiche non deve sorprendere, visto l’importante ruolo che essi hanno nell’economia pastorale, soprattutto se praticata secondo il sistema della transumanza. L’uso del cavallo può esser appreso infatti in attività del viver quotidiano come la caccia, ma soprattutto come la pastorizia, tipo di attività economica caratteristico dell’Appennino meridionale; nella allevamento del bestiame è importante l’aiuto del cavallo da sella per la cui cavalcatura è essenziale l’agilità. Tra i materiali archeologici relativi all’uso del cavallo, oltre a elementi del morso, sono - Il “Cavaliere di San Biase”: ipotesi di ricostruzione. sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 28 29 venuti alla luce diversi speroni; il loro uso era ben noto ai cavalieri sanniti; li si riconosce i in diversi affreschi rinvenuti in Campania; due speroni sono stati rinvenuti a Monte Vairano e uno a Larino. Per indossare gli speroni i guerrieri mettevano un’ampia fascia rossa sulla caviglia sinistra; su di essa era inserito lo sperone. I cavalieri sono raffigurato sempre con un mantello, in genere bianco o viola, tenuto insieme da una spilla posta sotto il mento. Questa spilla è ben visibile nel cavaliere di San Biase. Il “Cavaliere di San Biase” sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:53 Pagina 29 Uno dei due speroni rinvenuti a Monte Vairano. CONCLUSIONI Dall’equipaggiamento militare si ricava l’immagine di un guerriero non appesantito da armature adatte allo scontro frontale così da favorire destrezza e celerità dei movimenti. Il combattimento era basato soprattutto sul giavellotto, arma da lancio che consentiva, da posizione favorevole, di colpire facilmente il nemico da lontano e di evitare lo scontro frontale. In questa logica opera anche la cavalleria sannitica che interviene con impeto sull’esercito nemico disposto a falange con armi da getto creando scompiglio nella formazione serrata del nemico. Le armi da taglio, seppure incluse nell’equipaggiamento militare, erano utilizzate solo sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:53 Pagina 30 in caso di scontro corpo a corpo, ma non nell’attacco principale. L’esercito sannita, abituato ai terreni sconnessi dell’Appennino, era particolarmente attrezzato per affrontate il nemico in gruppi piccoli e flessibili che si spostavano con agilità senza avere il problema dello schieramento romano a falange, incapace di flessibilità. Come sostiene l’autore dell’Ineditum vaticanum, i successi militari dei Sanniti provocarono la trasformazione delle falangi romane nella legione organizzata in manipoli. L’allenamento dei Sanniti all’uso delle armi si combinava con la caccia, ma anche con la pastorizia che offriva, nella difesa del gregge, occasioni per misurarsi con animali feroci. La classe egemone della società sannitica sembra mantenere a lungo l’esigenza di mostrare la propria virtus bellica; non a caso nel santuario sannitico di Pietrabbondante compaiono divinizzate la Vittoria e l’Onore.
DEI MOLISE E DEI MONFORTE - GAMBATESA.
di Paolo Giordano e Salvatore Scivales.
http://paologiordanocb.blogspot.com/2014/10/approfondimenti-araldici-sugli-stemmi.html
Spigolature araldiche – Franco Valente
http://www.morronedelsannio.com/spigolature_araldiche.htm
Bibliografia di riferimento per l'Armoriale delle famiglie italiane
http://www.armoriale.it/wiki/Bibliografia_di_riferimento_per_l%27Armoriale_delle_famiglie_italianeARALDICA NAPOLEONICA IN ITALIA a cura di GIACOMO C. BASCAPÉ e MARCELLO DEL PIAzzo
http://www.archivi.beniculturali.it/dga/uploads/documents/Sussidi/8_SussXI_t_745_1064.pdf
Il Molise medievale. Archeologia e Arte
a cura di Carlo Ebanista, Alessio Monciatti
https://books.google.it/books?id=qh4ZDgAAQBAJ&pg=PA182&lpg=PA182&dq=bibliografia+araldica+molise&source=bl&ots=VT97XiSZnR&sig=ACfU3U3uqWWwlkKOWC3oEAlfNH5xTJGyfw&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwjfg92x6LDnAhXHsaQKHe1aAKwQ6AEwCXoECAoQAQ#v=onepage&q=bibliografia%20araldica%20molise&f=false
Bibliografia sull'araldica
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La maggior parte degli studi sull’organizzazione militare nel mondo antico dà rilievo solo a quella romana e inizia soprattutto dal III-II sec. a.C. quando ormai è avvenuta una sostanziale romanizzazione dell’armamento da tempo imposto anche agli alleati italici inseriti nell’esercito di Roma. Poco è stato fatto per conoscere gli sviluppi strategici e tattici verificatisi prima del III sec. a.C., eppure diverse fonti indicano proprio nei Sanniti quelli da cui i Romani appresero molto circa le modifiche da apportare al loro esercito. Oltre ad autori greci come Ateneo, Polibio, Diodoro, non mancano fonti latine come Sallustio che ricordano i contributi dati dai Sanniti all’evoluzione dell’esercito romano; il testo più esplicito è l’Ineditum Vaticanum, che ricorda non solo l’adozione romana dello scudo e della lancia sannitica, ma anche la sostituzione della falange con il manipolo e le trasformazioni portate alla cavalleria. Il codice di comportamento bellico dei Sanniti è stato caratterizzato da duelli di singoli che hanno offerto al guerriero l’opportunità di acquisire onore e prestigio all’interno della sua comunità. Il trofeo di spoglie insanguinate, tolte al corpo di un nemico, ha forI SANNITI IL TERRIBILE FASCINO DEL GUERRIERO di Gianfranco De Benedittis sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 5 6 nito la prova fisica di coraggio del guerriero e l’abilità in battaglia. L’immagine del guerriero italico nelle pitture tombali mostra una società rappresentata con i simboli del trionfo militare e offre un ideale visivo di quello che doveva essere un guerriero valoroso e onorevole. Alla fine del V la falange sembra ormai il sistema ufficiale utilizzato in guerra dai Romani. Questo tipo di schieramento può avere ottimi risultati in un campo di battaglia pianeggiante; non altrettanto può dirsi sui terreni accidentati tipici delle montagne appenniniche. I Sanniti usavano un ordine di battaglia flessibile e aperto piuttosto che schierare una falange serrata. Le loro cariche iniziali erano molto difficili da contenere al punto da sfondare le linee serrate dei Romani. Le difficoltà dell’uso della falange nelle aree interne dell’Appennino traspare bene in un episodio del 306 a.C. raccontato da Livio (Livio IX 43 7):“Anche l’altro console nel Sannio era superiore per forze, ma la sua posizione era più difficile. I nemici avevano sbarrato tutte le vie e occupato i passi praticabili, per impedire ogni possibilità di far giungere i rifornimenti; quantunque egli uscisse ogni giorno in campo, non era capace di indurli a combattere, ed era ben chiaro che né i Sanniti erano disposti ad affrontare per il momento la lotta, né i Romani ad accettare un rinvio della guerra”. L’immagine prevalente dei Sanniti che compare nelle fonti greche e latine in epoca preromana è senza dubbio quella di un popolo rude e bellicoso, dedito alla guerra. Ad avvalorare questa rappresentazione, il guerriero sannita è stato spesso identificato con il mercenario; fonti di V secolo in effetti ricordano i mercenari campani, al cui valore diede notorietà nel mondo greco la conquista di Cuma del 421 a.C. Poco dopo i Campani furono assoldati come mercenari in Sicilia sia dai Cartaginesi che dai Siracusani; in seguito mercenari campani noti come Mamertini occuparono Messina. Questa immagine ha avuto particolare favore nella ricerca storica, tuttavia l’esercito sannita è qualcosa di molto diverso; i conflitti da essi combattuti sono di veri e propri eserciti: a Sentinum nel 295, i sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 6 7 Guerriero sannita su un’anfora del Museo di Baranello sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 7 8 Romani e i loro alleati misero in campo un esercito di 40.000 uomini, i loro avversari, i Sanniti e Galli, 50.000; nel 293 a.C. secondo Livio, per formare la famosa legio linteata, si radunarono ad Aquilonia 60.000 uomini; secondo quanto ci racconta Polibio, le liste di leva del Sannio prima della seconda guerra punica (225 a.C.), comprendevano 70.000 Il primo dei dischi corazza rinvenuti a Carlntino (FG). sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 8 9 fanti e 7000 cavalieri; se si considerano le perdite territoriali già subite dai Sanniti, possiamo ipotizzare che allo scoppio della guerra contro Pirro nel 280 a.C. il potenziale bellico messo in campo dai Sanniti era di circa 150.000 unità (su una popolazione complessiva di 750.000/780.000 abitanti). LA GUERRA Nel periodo compreso tra VI e III sec. a.C. il modo di guerreggiare dei Sanniti propone due fasi; la prima, di VI-V sec. a.C., è caratterizzata da una forma semplice di guerra; è questa una fase con scarsa strutturazione socio-politica in cui la “guerra” è limitata a un conflitto intende a evitare finché possibile lo scontro aperto con l’avversario e a preferire incursiones o insidae; soprattutto si cerca di risparmiare la vita al nemico in quanto considerato possibile risorsa futura alla quale attingere con razzie e saccheggi. Tutto questo non deve far pensare a operazioni banditesche; i conflitti sannitici erano preceduti da incontri diplomatici gestiti da sacerdoti denominati “feziali” che applicavano lo ius fetiale; esso rispondeva a un duplice compito: permetteva un “dialogo” tra popolazioni della stessa etnia e portava l’eventuale guerra nella sfera della legalità. I contendenti, nella fase che precede lo scontro, cercavano di scoraggiare il nemico in tutti i modi possibili: tentando di impaurirlo con l’urlo di guerra o battendo ripetutamente sullo scudo che, allo scopo, aveva all’interno piccoli ciondoli metallici in grado di amplificare il rumore generato battendo ripetutamente sullo scudo con la lancia (clamor); la stessa motivazione era dietro i fastosi pennacchi posti sopra gli elmi o le decorazioni di animali mitici riprodotti sui dischi corazza. Dalle fonti si ricava che questa guerra capitava in genere nella buona stagione, verosimilmente dopo la mietitura, quando cioè buona parte della popolazione non era più interamente impegnata nei lavori agricoli, o dopo l’ultimazione degli spostamenti della transumanza così da poter sperare di ottenere un buon bottino attraverso la razzia dei prodotti alimentari del nemico da poco raccolte. sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 9 10 Di questo conflitto la forma più autorevole è il duello; è suo tramite che ilcapoclan afferma la propria virtus;in questa società il guerriero occupa un posto centrale; la guerra è però anche il fattore principale di quel processo di evoluzione sociale che culmina, tra la fine del V e gli inizi del IV sec. a.C., nella formazione dello ‘stato’. Quando i Sanniti della leggenda delver sacrum raggiungono Bovianum, essi si appropriano violentemente di territori di un’altra popolazione (gli Opici), avviando così un processo di stratificazione sociale che culminerà nella realizzazione dello Stato. La nuova organizzazione istituzionale darà l’avvio (IV - III sec. a.C.) alla realizzazione di una nuova fase della guerra in cui non ci sarà più il guerriero ma il soldato; i conflitti combattuti dai Sanniti nel IV secolo per la conquista della valle del Liri a discapito dei Volsci, quellicontro Alessandro il Molosso o le stesse guerre sannitiche parlano di eserciti ben strutturati a cui solo la presenza di un’organizzazione statale può dare vita e applicare modelli più complessi e istituzionalizzati. Uno dei vasi realizzati dagli Opici rinvenuto nella Piana di Bojano sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 10 11 LA LEGIONE MANIPOLARE A differenza dell’esercito romano che adottò a lungo lo schieramento a falange (un muro fatto di uomini e scudi), i Sanniti, abituati a operare sugli altopiani, adottarono coorti di 400 uomini suddivise in manipoli; in questo modo potevano combattere in formazione compatta e, se necessario, secondo un ordine di battaglia aperto. La versatilità tattica dell’esercito organizzato in manipoli permetteva così di combattere su quasi ogni tipo di terreno senza perdere la coesione. La sua combinazione unita agli armamenti prescelti permise ai Sanniti di affrontare il nemico sia da lontano che da vicino. Cratere a figure rosse con il ritorno del guerriero sannita sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 11 12 La rigida struttura della falange romana era invece incapace di tale flessibilità tattica e poteva solo infliggere perdite se l’avversario era a portata di mano. LE ROCCAFORTI Nell’ultimo quarto del IV sec. a.C., all’epoca delle guerre sannitiche, i Sanniti, come supporto alla guerra, costruirono nell’Appennino centro-meridionale circuiti in pietra attorno alle cime dei monti o lungo i pendii delle montagne; le mura erano disposte a formare lunghe fila di terrazzamenti artificiali, molto diverse dalle mura in senso greco o dall’agger in senso latino; l’inconsueta conformazione di queste fortificazioni si giustifica per la particolare propensione all’uso delle armi da lancio dei Sanniti: appaiono infatti come un sussidio per un adeguato spiegamento di lanciatori a cui, con questa sorta di piedistallo, veniva dato un netto vantaggio sull’attaccante. Erano costruite in modo approssimativo con blocchi megalitici informi e interstizi riempiti con zeppe; questa tecnica è ben diversa qualitativamente dall’opera poligonale vera e propria; le mura delle roccaforti sannitiche non sono frutto di maestranze specializzate, ma di militari o schiavi che recuperavano il materiale a monte delle mura per poi trascinarlo in basso. Queste roccaforti sono disposte in modo da avere un collegamento a vista e posizionate così da controllare il territorio e le principali vie d’accesso al Sannio. Il racconto liviano relativo alla conquista da parte dei Romani della sannitica Sepino nel 293 a.C. ci offre una descrizione precisa sull’uso di queste mura:“i Sanniti non si difendevano entro le mura più di quanto difendessero le mura con armi e uomini”. A questo sistema difensivo si riferisce l’episodio del 277 a.C. raccontato da Dione Cassio in cui i consoli Rufino e Giunio “devastarono il Sannio e presero diverse fortificazioni deserte. I Sanniti avevano trasportato i loro tesori più cari e preziosi sulle colline chiamate Cranita ... I Romani, provarono a salire su queste colline, ma la presenza di boschi e la difficoltà degli accessi determinò una dura sconfitta per i Romani”. sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 12 13 Il fittissimo sistema di fortificazioni presente nel Sannio dimostra che le legioni romane si sono trovate nelle prime fasi del conflitto contro i Sanniti di fronte a tecniche e strategie La postierla della roccaforte sannitica di Terravecchia sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 13 14 di combattimento in cui la falange di tipo tradizionale si trovava in grave difficoltà. Queste fortificazioni presentano tutte porte scee o postierle, sistemi costruttivi copiati dal mondo greco. Questo sistema di controllo del territorio era ben noto anche nella Magna Grecia, a Metaponto, a Taranto. La roccaforte sannitica di Duronia attraversata dal tratturo sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 14 15 LE ARMI I modi di fare la guerra sono espressioni di una cultura e di un tempo. Ogni comunità, nell’adattarsi alle caratteristiche della natura che la circonda, crea forme di armamento specifiche in grado di affrontare al meglio le difficoltà che il territorio circostante propone. Le caratteristiche delle armi di un guerriero e la loro complementarietà ci possono aiutare a capire lo scenario culturale che c’è dietro; essendo poi la guerra una funzione primaria della società antica, le espressioni di un territorio possono, nel confronto con i costumi bellici di altri territori, agevolarne il successo o meno. Dalla verifica nel tempo dei risultati ottenuti, queste armi e il modo di combattere si trasformeranno in tradizione di una comunità e saranno utilizzate come simboli sociali nel corredo funebre. Le lance e i giavellotti Nel IV secolo a.C., al momento dell’alleanza dei Sanniti con Taranto contro Roma, furono coniate monete che sul rovescio presentavano la punta di una lancia e, come legenda, il nome greco Saunitai in luogo di quello di Samnites. Il giavellotto, denominato in lingua greca saunion, viene così a rappresentare i Sanniti, questa volta l’etnico è definito da un’arma. Questo collegamento con il termine greco Saunitai è la raffigurazione di una particolare tattica di guerra che connota non solo i Sanniti ma i Sabelli in generale. A ben raffigurare l’armamento sannita nella fase arcaica è il guerriero di Capestrano: sui pilastri laterali che reggono la scultura sono rappresentate una lancia sul fianco destro e un giavellotto su quello sinistro. Le due armi presentano caratteristiche differenti: 1) il giavellotto non presenta il sauroter, una sorta di tallone appuntito in metallo; 2) entrambe presentano un gancio sull’asta, ma con posizione diversa. Il gancio serve per allacciare l’amentum, una striscia di cuoio che avvolta attorno all’asta sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 15 16 e srotolata nel lancio, comunicava all’arma una rotazione stabilizzante; oltre a migliorare la precisione questo sistema di lancio permetteva di raggiungere una distanza superiore di almeno un terzo rispetto ai lanci tradizionali; ben noto in Grecia, era un metodo di combattimento completamente diverso da quello degli Etruschi. Il giavellotto scagliato con l’amentum, a differenza di quanto s’immagina, è scagliato dal basso. Con quest’arma i Sanniti tenero in scacco le truppe romane del console Aulo Cornelio in una valle sotto il tiro dei loro giavellotti nel 345 a.C. (Livio, VII, 34, 9:”subiectum eum telis suis habuerant”). Differente è invece l’uso della lancia che, rispetto al giavellotto, viene utilizzato anche come arma da spinta. La preferenza per il giavellotto e la lancia indica che lo stile di guerra italico era almeno La moneta in argento coniata da Taranto con il saunion sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 16 17 in parte a distanza e quindi molto diverso dalla falange. Mentre i giavellotti erano popolari in Etruria, nel Lazio e nell’Italia meridionale, questa lancia multiuso era l’arma preferita dai popoli dell’Appennino centrale. La corazza La preminenza delle armi da lancio sembra confermata dalle caratteristiche della corazza sannitica, leggera e quindi poco adatta allo scontro ravvicinato. Tra gli elementi che compongono gli armamenti di difesa spicca il disco-corazza; di forma circolare mediamente di 19/24 cm, è realizzato con una sottile lamina di bronzo; un cordolo in ferro lungo i margini della lamina permetteva un solido collegamento con le bandoliere; un altro disco identico copriva la schiena. I movimenti effettuati dal lanciatore con l’amentum sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 17 18 Le località del Sannio dove sono stati rinvenuti i dischi corazza con l’animale fantastico distinti a seconda se lo rappresentano a rilievo (tipo Paglieta) o semplicemente graffito (tipo Alfedena) sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 18 19 Sui dischi sannitici è rappresentato un animale fantastico a due teste variamente interpretato, a volte realizzato a leggero sbalzo, a volte solo inciso; essi, oltre a indicare il rango sociale, servivano come indicatore etnico per l’intera popolazione. Armatura sannitica a tre dischi rinvenuta a Ksour es Saf sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 19 20 I dischi corazza (detti anche kardiophylaches in quanto proteggevano la regione cardiaca) sono presenti anche in altre regioni, ma quelli che mostrano questa decorazione compaiono solo nel Sannio; l’inconsistenza della lamina più che farlo ritenere parte dell’armatura, lo propone come identificativo di un gruppo etnico; la difesa era probabilmente invece legata a corsaletti di materiale organico definiti «spongia» da Livio (X 40, 2) o di lana che, pressati con l’aggiunta di aceto, «etiam ferro resistunt» (Plinio, N.H. VIII 192). La progressiva ricerca di maggior protezione dell’addome avrà come esito la corazza “sannitica” a tre dischi. E’ così chiamata per i tre dischi, due superiore ed uno inferiore, che formano un pettorale a forma triangolare disposti a coprire sia il petto che la schiena. Le due metà della corazza erano fissate fra loro mediante delle fibbie di metallo sulle spalle e sotto le ascelle. Un corazza di questo tipo è ben raffigurata nel cosiddetto Marte siciliano. In questo periodo nell’armamento sannitico compare anche la corazza anatomica, diversa da quella romana in quanto più corta per lasciare spazio al cinturone; una di questa è stata rinvenuta nei pressi di Campobasso. Lo scudo Aveva una forma leggermente convessa; all’esterno presentava vari tipi di immagini (una stella, un animale selvatico, la faccia di un demone, ecc.). All’interno dello scudo erano due maniglie, una posta verticalmente al centro e una ai margini; la prima permetteva il passaggio del braccio; la seconda serviva come presa per la mano sinistra; questo sistema dava al guerriero una salda impugnatura e un costante controllo del suo scudo. All’interno erano cuciti piccoli pendenti utilizzati per amplificare l’urlo di guerra. Tra i Sanniti lo scudo rotondo era il più popolare, ma non mancano altre forme. Dalle fonti classiche lo scudo sannita viene descritto con corpo obluno abbastanza grande da fornire un’adeguata difesa dai giavellotti e abbastanza resistente da essere usato nel comsanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 20 21 battimento corpo a corpo. Costruito in legno e pelle, lo scudo ovale era reso più robusto da una nervatura con una borchia centrale. Degli scudi di cui parlano le fonti non abbiamo che poche tracce; è però vero che erano soprattutto di legno, vimini, cuoio, solo in qualche caso rivestiti da una lamina bronzea per rafforzare la struttura. Questi scuta insieme ai giavellotti sono adatti al modo di combattere della legione manipolare sannitica. Umbone di scudo da Pietra Monte Corvino sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 21 22 Secondo Livio aveva la parte superiore dell’ovale tagliata, ma questo scudo, noto nel medioevo come scudo sannitico, era quello usato dai gladiatori noti come «sanniti», i quali troncavano la parte superiore in quanto, ben protetti dalle visiere degli elmi, ottenevano così una migliore visibilità. Gli elmi Un esercito che adotta la falange fa sicuramente uso di elmi corinzi, copricapi chiusi che offrono una completa difesa del volto, incluso orecchie e naso, e lasciano scoperto solo lo spazio per gli occhi; questi elmi sono però poco idonei alle tecniche di combattimento dei Sanniti in quanto riducono notevolmente l’angolo visuale e l’udito. Gli elmi sannitici nel VI-V secolo a.C. sono composti di una calotta su cui sono disposte due borchie emisferiche laterali e tutto l’orlo è circondato da una visiera obliqua; la visibilità offerta al guerriero è totale come pure la facilità d’ascolto. Sono realizzati con una sottile lamina di bronzo utilizzata per dare compattezza alla fodera interna, in cuoio o lana, in grado di assorbire il colpo; un sottogola legava il casco alla testa; trasversalmente la calotta era attraversata da una criniera; Dalle rappresentazioni che abbiamo sui vasi e sugli affreschi delle tombe sannitiche l’elmo era anche ornato da una coda di cavallo che era fissata nella parte superiore del casco. L’estremità di questa coda pendeva liberamente sul retro del casco. Successivamente quest’elmo fu sostituito da una variante di un prototipo greco denominato samno-attico. La maggior parte di questicaschirisalgono alIV sec. a.C. Il samno-attico era un elmo aperto; ai margini della calotta erano applicate delle cerniere da cui pendevano le paragnatidi, o para orecchie; grazie alle cerniere, esse potevano essere sollevate e legate sopra la calotta dell’elmo permettendo così una chiara percezione sia visiva che uditiva della collocazione dei commilitoni o degli avversari. In questo modo offrivano sia i vantaggi dell’elmo corinzio che di quello a calotta. E’ questo l’elmo più frequentemente raffigurato sui vasi campani a figure rosse, e sugli sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 22 23 Località da cui provengono gli elmi a calotta rinvenuti nel Sannio sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 23 24 affreschi delle tombe rinvenute in Campania dove compaiono ornaticon delle piume, probabilmente di aquile; esse potevano essere sia bianche che nere. Secondo Varrone (De lingua Latina V 142) l’ornamento dell’elmo era realizzato con penne d’aquila («pinnas quas insigniti milites in galeis habere solent»). La scure e la mazza In caso di scontro aperto i Sanniti ricorrevano alla mazza di ferro o alla scure; sono entrambe armi d’uso, la prima compare tra VI e V sec. a.C.; la seconda anche dopo. Come Elmo a calotta rinvenuto in agro di Carlantino sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 24 25 nel Guerriero di Capestrano, la scure è esibita anche come insegna del potere. Come strumento bellico la scure unisce alle doti di arma da botta quelle di arma da taglio e di arma da lancio. La scure, come arma, è stata utilizzata anche in seguito; a Monte Vairano ne sono state rinvenute tre, forse ultimi resti dell’ultimo conflitto con i Romani; una mazza di ferro compare in una tomba arcaica di San Pietro Avellana. ILe spade Nel VI secolo a.C. compare nel Sannio una spada in ferro, lunga 75 cm circa con elsa a croce e lama dritta a doppio taglio, con margini che si allargano a due terzi della lunghezza; spesso è decorata con intarsi in osso o avorio. La forma della lama presuppone un suo uso preferibilmente di taglio. Un arma del tutto simile reca il “Guerriero di Capestrano”, dove il puntale del fodero è decorato a traforo; l’ubicazione del fodero sul torace fa pensare che sia usato solo in un secondo tempo in caso di scontro diretto. La spada con elsa a croce è stata ritenuta da alcuni studiosi “adatta per il combattimento a cavallo”. Una delle tre scuri rinvenute a Monte Vairano sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 25 26 gambali I guerrieri sanniti avevano due schinieri, come testimoniano il Marte del Louvre, le pitture tombali sannitiche della Campania o l’affresco dell’Esquilino. Questi gambali arrivavano al ginocchio. I rari schinieri bronzei attestano la presenza di fanti pesantemente armati, ma non necessariamente schierati in linea. Secondo Livio (IX.40.3) il soldato sannita indossava un solo schiniere sulla gamba sinistra, ma la sua descrizione si basava sull’abbigliamento dei gladiatori che proteggevano la gamba destra con il loro grande scudo. Come alcune corazze, sembra che gli schinieri fossero indossati in certe occasioni rituali. Oltre agli schinieri è possibile che abbiano adottato anche le cavigliere, una sorta di gambale che proteggeva solo le caviglie. Il cinturone L’elemento che caratterizza l’abbigliamento del Sannita è il cinturone. Compare sempre nell’uniforme del guerriero come nei vestiti dei personaggi con altri ruoli sociali. Queste cinture si compongono di una fascia sottile di bronzo cucita su un supporto di cuoio; ad una delle estremità sono posti dei ganci decorati in modi diversi che si adattano a fori posti sull’altra estremità. I fori sono distribuiti in modo da consentire alla cintura di essere regolata per adattarsi alla circonferenza di chi la indossava. Il cinturone per un Sannita ha un significato importante: chi lo indossa è un uomo libero; perdere il cinturone equivale alla morte sociale. Negli affreschi rimasti, tra i trofei più importanti che il guerriero mostra a testimonianza del suo valore, sono i cinturoni strappati al nemico. Nell’armamento del Sannita la corazza anatomica in bronzo è sempre corta in quanto deve permettere al guerriero di indossare il cinturone. Il cinturone in buona sostanza è l’elemento che definisce il ruolo sociale di chi lo possiede e non il ruolo militare. Questo simbolo lo troviamo anche in alcune tombe di ragazzi in cui compare un cinturone di dimensioni minori. sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 26 27 Rarissimi ganci di cinturone sannitico con palmetta a forma di testa di toro rinvenuti a Bojano sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 27 28 La tunica Il guerriero sannita indossava una camicia con maniche corte fermata alla vita dal cinturone di bronzo e un grembiale corto che copriva una sorta di perizoma. Questa tunica era realizzata con un unico pezzo di stoffa decorata con motivi geometrici. Le maniche erano chiuse da nastri colorati; il colletto era largo e sempre circolare. Sono queste le tunicae versicolores menzionate da Livio (IX 40.3); la documentazione pittorica suggerisce che i guerrieri a cavallo erano equipaggiati in modo più elaborato, mentre il soldato indossava una tunica a motivi geometrici. LA CAVALLERIA Tra le sculture in pietra rinvenute nel Sannio, spiccano quelle dei cavalieri di Trivento, di San Biase e di Agnone. Gli scrittori antichi non danno descrizioni dettagliate sulla cavalleria sannita, tuttavia sappiamo che godeva di un’ottima fama; Diodoro ci ricorda che i 1200 Campani reclutati da Dionisio erano soldati a cavallo (Diod., 14.9.8-9); dei Samnitium equites parla più volte Livio (VIII 39.3; IX 27.5; X 20.13; X 41.11); nel 168 a.C. ritroviamo la cavalleria sannitica a Pidna (Livio, XLIV, 40, 5-6 duae turmae Samnitium equitum e una Aesernina). La carica della cavalleria sannitica era molto difficile da sostenere, tanto che in più di una circostanza determinò lo sfondamento delle linee romane (Frontino, Stratagemmi militari, II, 1.8; l’Ineditum Vaticanum). La presenza dei cavalli tra le truppe sannitiche non deve sorprendere, visto l’importante ruolo che essi hanno nell’economia pastorale, soprattutto se praticata secondo il sistema della transumanza. L’uso del cavallo può esser appreso infatti in attività del viver quotidiano come la caccia, ma soprattutto come la pastorizia, tipo di attività economica caratteristico dell’Appennino meridionale; nella allevamento del bestiame è importante l’aiuto del cavallo da sella per la cui cavalcatura è essenziale l’agilità. Tra i materiali archeologici relativi all’uso del cavallo, oltre a elementi del morso, sono - Il “Cavaliere di San Biase”: ipotesi di ricostruzione. sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:51 Pagina 28 29 venuti alla luce diversi speroni; il loro uso era ben noto ai cavalieri sanniti; li si riconosce i in diversi affreschi rinvenuti in Campania; due speroni sono stati rinvenuti a Monte Vairano e uno a Larino. Per indossare gli speroni i guerrieri mettevano un’ampia fascia rossa sulla caviglia sinistra; su di essa era inserito lo sperone. I cavalieri sono raffigurato sempre con un mantello, in genere bianco o viola, tenuto insieme da una spilla posta sotto il mento. Questa spilla è ben visibile nel cavaliere di San Biase. Il “Cavaliere di San Biase” sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:53 Pagina 29 Uno dei due speroni rinvenuti a Monte Vairano. CONCLUSIONI Dall’equipaggiamento militare si ricava l’immagine di un guerriero non appesantito da armature adatte allo scontro frontale così da favorire destrezza e celerità dei movimenti. Il combattimento era basato soprattutto sul giavellotto, arma da lancio che consentiva, da posizione favorevole, di colpire facilmente il nemico da lontano e di evitare lo scontro frontale. In questa logica opera anche la cavalleria sannitica che interviene con impeto sull’esercito nemico disposto a falange con armi da getto creando scompiglio nella formazione serrata del nemico. Le armi da taglio, seppure incluse nell’equipaggiamento militare, erano utilizzate solo sanniti guerra banca 3mio_Layout 1 26/02/2020 19:53 Pagina 30 in caso di scontro corpo a corpo, ma non nell’attacco principale. L’esercito sannita, abituato ai terreni sconnessi dell’Appennino, era particolarmente attrezzato per affrontate il nemico in gruppi piccoli e flessibili che si spostavano con agilità senza avere il problema dello schieramento romano a falange, incapace di flessibilità. Come sostiene l’autore dell’Ineditum vaticanum, i successi militari dei Sanniti provocarono la trasformazione delle falangi romane nella legione organizzata in manipoli. L’allenamento dei Sanniti all’uso delle armi si combinava con la caccia, ma anche con la pastorizia che offriva, nella difesa del gregge, occasioni per misurarsi con animali feroci. La classe egemone della società sannitica sembra mantenere a lungo l’esigenza di mostrare la propria virtus bellica; non a caso nel santuario sannitico di Pietrabbondante compaiono divinizzate la Vittoria e l’Onore.