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Compleanno di Sveva
9 aprile 2020
C’era una volta un castello molto affollato.
Vi abitavano infatti il re, la regina, il principe, la principessa,
il mago, la strega e le fatine, ognuno con il suo seguito di amici,
nemici, parenti e conoscenti.
Peccato che nessuno vi poteva entrare perché era chiuso e
apriva le porte una sola volta all’anno. E cioè il giorno del compleanno.
« Il compleanno di chi? » chiede Sveva alla mamma Giada.
« Ma il tuo naturalmente »
Sveva ne è molto felice ma chissà quanto manca al giorno del
suo compleanno. E così ogni mattina appena sveglia, correva dalla mamma
Giada e le chiedeva:
« Mamma è oggi? E’ oggi il giorno del compleanno? »
« No » rispondeva la mamma Giada « Non è ancora oggi »
E tutti i giorni, proprio tutti, Sveva chiedeva:
« E’ oggi mamma? »
La mamma Giada stanca di rispondere raccolse una grossa
margherita e disse a Sveva:
« Il giorno in cui non sarà rimasto nemmeno un petalo, sarà
il giorno del compleanno.»
« Oh che bello! » pensava Sveva « Quel giorno il castello
aprirà le porte. »
Passarono i giorni e i petali e finalmente il compleanno arrivò.
«URRÁ’, URRÁ» gridava Sveva
« Finalmente! Oggi apre il castello »
E così Sveva uscì, volando come un fulmine con le ali.
Giunta davanti all’enorme portone vide che era ancora
chiuso con catene, chiavistelli e lucchetti. Allora suonò
il campanello. Dopo qualche minuto, il maggiordomo rispose:
« Chi suona? »
« Sono Sveva, quando apre il castello? »
« Beh apre il giorno del compleanno, lo sanno tutti. »
« Ma è oggi, è proprio oggi! La margherita ha finito
tutti i petali. »
Dall’altra parte si sentì tossicchiare, borbottare:
« Bene bene signorina torno subito! »
Sveva si sedette a terra e aspettò.
Intanto il maggiordomo corse al castello e entrando
e uscendo da tutte le stanze, urlava:
« Signori, signori, è arrivato il giorno, il giorno del compleanno!! »
E man mano che passava si udivano boati, sbadigli, chiavistelli
che giravano, motori che ripartivano. Il maggiordomo arrivò davanti
al re mentre stava finendo disistemarsi la corona in testa e disse:
« Perbacco ma non si era accorto che l’orologio si era fermato?
Guardi è fermo all’anno scorso. »
Oh che disastro, il maggiordomo no, che non se ne era accorto
e insieme a lui tutti gli altri.
« Cosa facciamo adesso sua maestà? Non possiamo certo farla
entrare con questa confusione e con niente di pronto!»
« Certo, certo che no » concordò il re « Ma va, va e prendi tempo.
Dille che per aprire il castello deve portare un cesto di…di…noci,
ecco si, di noci. »
E così il maggiordomo corse al citofono e disse:
« Bambina, hai portato le noci? »
« Le noci? » ripeté Sveva « No, non ne ho. »
« Eh, eh » continuava a dire il maggiordomo.
« E’ un problema, se non hai le noci non posso aprire, no. »
E allora Sveva corse a casa e con gran fretta chiese alla
mamma Giada dove trovare delle noci e la mamma Giada la
indirizzò al bosco. Corse nel bosco e raccolse in un battibaleno
un bel cestino di noci con guscio. Tornò quindi al castello. Suonò:
« Adesso apre il castello? » chiese Sveva.
Il maggiordomo corse a palazzo. Dentro, la confusione continuava.
Piatti, posate, pendoli, poltrone, tavoli, tutti portavano tutto,
chi andava chi veniva chi saliva. Non si capiva niente.
Il maggiordomo si fece largo e arrivò dal re che stava in
quel momento finendo di lucidare il trono. E con un gran
fiatone gli disse:
« Sua altezza, è tornata e chiede di aprire.
Che facciamo? Siamo pronti? »
E il re gli rispose:
« Ti sei guardato intorno?
Ti sembra tutto pronto? No che non lo siamo. Va, va e prendi
tempo e dille che per entrare deve avere…avere…vediamo…che
deve avere? ah si! deve avere uno scialle con cappuccio rosso,
ben rosso. »
Il maggiordomo, riprese fiato e uscì, sempre di corsa ovviamente.
« Ehi bambina, sei ancora lì? »
E Sveva che si era un po’ assopita: « Certo certo che sono qui. »
« Ce l’hai lo scialle col cappuccio rosso? »
« No, non ce l’ho lo scialle. Ho una giacca blu. »
« Eh no, no non ci siamo. Per entrare devi avere lo scialle rosso,
col cappuccio anche eh! »
E Sveva corse a casa della nonna Francesca a Ortona perchè
nonna Miresa è a Campobasso, ma la nonna Francesca non aveva
uno scialle rosso e così glielo fece, con i ferri e con la lana e
in un battibaleno lo scialle era pronto.
Corse al castello e suonò:
« Apre adesso il castello? »
Il maggiordomo corse a palazzo.
« Sua maestà lo scialle, lo scialle è lì » il maggiordomo era sfinito
e non si capiva nemmeno quello che diceva ma il re aveva capito lo stesso.
« Acciderboli! Mancano gli ultimi ritocchi e saremo pronti ad aprire.
Intanto va, va, prendi tempo e dille che per entrare servono…servono…ecco si,
delle scarpette di cristallo. »
« Bambina? » di nuovo il maggiordomo a Sveva
« Ce l’hai le scarpette di cristallo? »
Sveva si guardò gli stivaloni verdi che metteva quando stava per piovere.
E allora, senza neanche sentirselo dire, corse a casa, (dalla mamma
Giada o dalla nonna Francesca? no, sicuramente non c’era speranza che
la nonna Francesca avesse le scarpe di cristallo e neanche la nonna Miresa)
dalla mamma Giada che sì, le aveva, ma del suo numero.
Sveva iniziò a piangere anche perchè stava per imbrunire e veniva
la sera. Allora la mamma Giada le suggerì di mettere del cotone nella
punta delle scarpe così da poterle indossare.
Visto che era un’ottima idea, mise le scarpe e corse al castello.
Suonò e chiese sfinita:
« Apre il castello? »
Il maggiordomo guardò dal buchino le scarpe e corse dal re.
« Sua maestà, sua maestà ci siamo. Anche le scarpe di cristallo.
Ha praticamente tutto. »
« Ha trovato anche le scarpe di cristallo? » si stupì la regina
« Ma dove? Cenerentola se le sarà perse un’altra volta? »
Tutto intorno era comunque pronto. Chi mangiava, chi ballava,
chi suonava, chi cantava, chi rideva.
« Apri pure » sentenziò il re.
Il maggiordomo corse al cancello e, per grande stupore e
meraviglia di Sveva, le grandi porte si spalancarono.
Appena entrata nel gran salone, ci fu silenzio e tutti vedendo
Sveva dissero:
« Ooohhh! »
Poi le fecero largo e il re e la regina la presero sottobraccio
e la portarono davanti ad un grandissimo orologio.
Questo orologio aveva ore, minuti, secondi, giorni, mesi, anni e
sotto due cavalieri a cavallo muovevano una pesante ruota
per farlo girare e far passare il tempo.
E il re disse:
« Sveva il prossimo giro è per te»
E mentre i cavalieri giravano con gran fatica,
il re e la regina recitavano:
«Sogna oggi
Sogna domani
Senza dormire
Senza mentire
Ricorda sempre
Dimentica mai
I giorni felici
E quanti anni hai»
L’anno passò dal numero 7 all’8 e fu gran festa. Palloncini, fischi,
dolci, caramelle. Tutti applaudivano e le dicevano «Buon Compleanno!».
Una fatina le pose in testa un diadema, le tolsero lo scialle e
le grandi scarpe di cristallo e le fecero indossare un vestito di
ricci e veli e scarpe della sua misura in paillette dorate.
La grande pasticciera aveva preparato tante bellissime torte
per lei ed erano tanto buone che tutti quanti vollero
mangiane una fetta.
Poi arrivò la sera e la festa finì. Sveva ringraziò, salutò e uscì.
Arrivata al portone, una fatina le diede una bacchetta
magica e una formula da recitare:
«Cerchi d’argento
lancette a colori
matite pastelli
gessetti acquerelli.
Racconto e disegno
riscrivo e ritaglio
per sempre restate
nel mio compleanno»
Dette queste parole, il castello e tutto quello che aveva dentro
e intorno si accartocciò finché rimasero tre piccole scatole.
A Sveva veniva da piangere ma quando si avvicinò volle vedere
le tre scatole a terra. Le aprì e c’erano tutte le cose che lei
aveva sognato di avere: la Pinypon, l’aereo Pinny e il Superpuzzle
di Miraculus.
Che felicità risvegliarsi dal sogno del castello e vedere tutte le
cose che lei aveva desiderato.
Felice e contenta telefonò a Nonna Miresa e Nonno Antonio e
poi a nonna Francesca e Nonno Mario per ringraziarli
e dette un bacio e un grande abbraccio a Mamma Giada,
al Papà Vittorio ed alla sua dolce sorellina Maria Vittoria.