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Storytelling

Presentazione del progetto “Il Molise: Città ideale……”
E’ sulla tecnica dello Storytelling che Pasquale Di Lena sta costruendo il percorso progettuale che riguarda il Molise.

Che cos’è lo storytelling?
Il termine storytelling è formato da due parole inglesi: story e telling. Letteralmente, il termine può esser tradotto in italiano con le espressioni raccontare una storiacomunicazione narrativa o anche comunicazione creativa.
Nella sostanza, lo storytelling è una tecnica di comunicazione che consiste nel raccontare una storia per attirare l’attenzione di uno specifico pubblico, In poche parole: si tratta di persuadere raccontando una storia.
lo storytelling è anche una potente tattica di comunicazione per presentare un progetto. Noi possiamo anche parlare e scrivere, ma il raccontare storie attraverso lo storytelling ha spesso una carica emotiva che convince di più. Perché riesce trasferire al target idee e punti di vista in maniera estremamente diretta e coinvolgente.

Proposta di Pasquale Di Lena per il titolo ed il percorso del progetto
Il Molise: “Città ideale”
Il titolo del progetto si ispirerebbe alla “Ciudad ideal” vista da Sebastião Salgado, brasiliano, uno dei più grandi fotografi dei nostri tempi, riconosciuto come tale a livello mondiale. Salgado è “il grande narratore per immagini…capace, con un’alchimia della durata di un attimo che unisce cuore – occhio - polpastrello, di raccontare storie lunghe cento pagine e volumi interi… Salgado forse non è proprio un ritrattista, eppure attraverso i volti delle persone ci narra una città intera e le restituisce i suoi ricordi, trattenendo il presente per consegnarlo al futuro”. In Salgado “la ciudad ideal”, “è una proposta di progetti creativi e teorici…. dove politica e cultura si alimentano a vicenda…attraverso la partecipazione”. 

Traccia del Racconto  (Story Telling)
il Molise  una moderna “Città ideale”
  • Peculiarità e tipicità del Molise
  • Molise, corpo e anima dell’emigrazione
  • Castelli, Palazzi, Rocche e Dimore storiche
  • Centri di cultura dell’emigrazione e luoghi d’incontro
  • Ridare l’anima agli spazi abbandonati
  • Il valore della biodiversità e della ruralità
  • Il prodotto biologico
  • Il marchio Molise
  • Pianificare il futuro
  • Un Centro di programmazione e coordinamento
  • Un Molise laboratorio
  • Il nuovo  turismo
  • Il turismo esperienziale
  • Il turismo culturale ed educativo
  • Turismo e salute
  • Il turismo dopo la pandemia
Brand: Simbolo – Logo
Lo storytelling del brand non si fa soltanto con le parole, ma anche con la scelta dei colori del logo o con i dettagli stilistici che caratterizzano la costruzione visual del brand.
 
                    
                 

Il Molise: “città ideale”, ha tutto per rilanciare il sogno e quella “partecipazione” di cui ha particolare bisogno il mondo che viviamo. il simbolo da affermare per costruire il brand Molise e contestualmente la sua immagine rappresentativa, sembra essere la farfalla.
I contorni di questa regione ispirano il simbolo della farfalla, con la sua valenza bilaterale simmetrica, metafora di Città e Campagna o di trasformazione da bruco a farfalla che vola libera nello spazio, come lo è il viaggio esperienziale che coinvolge, rigenera e trasforma la persona.
Un Centro di programmazione e coordinamento
 
Molise laboratorio: istituzione del Centro Nazionale della cultura dell’emigrazione
 
Il giornalista Federico Orlando, fondatore de Il Giornale con Indro Montanelli e suo vice, nel periodo che l’hanno visto rappresentare il Molise al Parlamento italiano nella veste di deputato, con la presentazione di una sua proposta di legge firmata da altri 70 colleghi,  ha pensato all’emigrazione e al suo Molise. In pratica, come rendere il Molise, con la realizzazione del Centro Nazionale della Cultura dell’Emigrazione, punto di riferimento nazionale.
Una proposta interessante, di grande attualità, che meriterebbe di essere ripresa e realizzata per dare spazio e forza a un processo che parte nel 1870 e, senza soluzioni di continuità,  caratterizza fortemente, fino ai nostri giorni, la storia del Nostro Paese, con tutte le regioni coinvolte.
L’dea potrebbe avere una sua concretizzazione con l’istituzione del Centro presso il Castello di Macchiagodena
 
 
L’idea nasce ancor prima dell’acquisto del Castello da parte della Regione e si trasforma, subito dopo la conferma dell’atto,  in una delibera predisposta dall’allora Sindaco Angelo Iapaolo, che il Consiglio comunale ha approvato all’unanimità.
 
Il Castello di Macchiagodena, per la sua posizione centrale, a cavallo delle due Provincie, e per le sue caratteristiche architettoniche, una volta restaurato, può diventare una risorsa straordinaria, importante, se trasformato in un contenitore capace di attirare l’attenzione del visitatore (l’idea è di realizzare un Centro Nazionale della cultura dell’emigrazione, ma che ospiti anche un centro nazionale della storia della transumanza e di un centro internazionale dell’araldica). Anche, però, sede della programmazione e del coordinamento delle attività che devono animare le altre sedi ed i territori di riferimento, una volta trasformati in contenitori di altrettante valide iniziative, da non lasciare soli e abbandonati al loro destino.
 
Il Castello, ha tutto per poter affermare pienamente il suo ruolo di luogo della progettualità del futuro del Molise.
 
Il Castello diventa così uno straordinario pensatoio che lavora, avvalendosi di intelligenze e spiccate professionalità, per ricucire, con l’incontro tra piccolo e grande Molise, lo strappo creato dall’emigrazione
 
Attività del Centro Nazionale della cultura dell’emigrazione
Emigranti e discendenti di emigrati
Il Centro si propone di organizzare:
  1. La raccolta di documenti per un archivio storico e una vera e propria “biblioteca dell’inedito” che raccolga manoscritti dei nostri emigranti, corrispondenza. Un interesse nazionale per il “documento” crocianamente inteso come base di ogni conoscenza storiografica;
  2. una sezione etnografica, etnologica e antropologica, che esponga e consenta di esporre il vissuto dei nostri emigranti…sia nelle loro regioni di partenza che in quelle di approdo: ciò che lasciarono , ciò che portarono, quella che trovarono, come si integrarono  e quali successi ottenuti;
  3. archivio cartaceo, sonoro (nastroteca), visiva (videoteca), statistico (banca dati), la biblioteca dell’inedito;
  4. produzione di software, struttura computerizzata come a Ellis Island, dove milioni di uomini e di donne di tutto il mondo hanno sostato per la quarantena sanitaria. La possibilità di ricostruire le genealogie attraverso il computer e riscoprire le proprie radici;
  5. gli abiti che vestivano, i giornali che stampavano, gli attrezzi di lavoro che usavano, la musica che ascoltavano, gli oggetti che ricercavano, i pacchi che inviavano; i cibi che mangiavano e quelli che producevano per ricordare le origini
  6. un progetto formativo (lingua, cultura, storia, economia, cultura materiale) soprattutto per i giovani , in collaborazione con le università, i ministeri, l’Ue, elaborato e promosso dal Museo
  7. la nascita di un laboratorio per la cura e il restauro di materiale, la riproduzione, le pubblicazioni, etc.
  8. la creazione, in ogni struttura collegata al Castello di Macchiagodena, di spazi o angoli per la biglietteria, l’accoglienza, la proiezione di filmati o l’ascolto di dischi, nastri etc.; la vendita di oggetti (bookshop e merchandising);
  9. la creazione di una rete dei castelli e palazzi impegnati per la organizzazione dei centri, dove ogni castello o palazzo è dedicato ad una regione e/o a un paese del mondo e ai suoi emigrati che ne assume il patrocinio culturale nel contesto e nel rispetto dell’unità culturale museale, che è compito della direzione assicurare

 

MOLISE, CITTA’ IDEALE O MOLISE, LA CITTA’- CAMPAGNA IDEALE
Di Pasquale Di Lena

Idea - progetto
Oggi il Molise, con i suoi paesi e le sue campagne, visto i tempi che viviamo, è, ancor più di ieri, una città ideale. 
Sono andato a rileggere l’appunto “Molise, la città -campagna ideale” di dieci e più anni fa, ispirato dalla lettura di un libro,   “Un po’ per amore, un po’ per rabbia”, uscito nell’aprile 2004 per la Feltrinelli, firmato da Pino Cacucci. Un libro molto bello,  in particolare le pagine che parlano di Sebastião Salgado “il grande narratore per immagini…capace, con un’alchimia della durata di un attimo che unisce cuore – occhio - polpastrello, di raccontare storie lunghe cento pagine e volumi interi…Salgado non è un ritrattista, eppure attraverso i volti delle persone ci narra una città intera e le restituisce i suoi ricordi, trattenendo il presente per consegnarlo al futuro” .
 
La città ideale che non ancora esiste, ma che, come scrive Cacucci, “perché siamo come Sebastião inguaribili utopisti, non ci limitiamo a immaginare come potrebbe essere ma cominciamo a edificarla partendo dalle relazioni tra le persone”.
 
Poi parla de “la ciudad ideal”, che acquista il significato di sacralità in Salgado “proprio perché proposta molto interessante di progetti creativi e teorici…. dove politica e cultura si alimentano a vicenda…attraverso la partecipazione”. 
 
La partecipazione, una parola che mi riporta a un tempo ormai lontano, importante nel momento i cui si vivono e si soffrono i limiti di una società drogata dal neoliberismo e, come tale, dal bisogno e ricerca crescente di denaro, tanto da renderlo dio assoluto, onnipotente, carta assorbente di tutti i nostri fondamentali valori, fino alla indifferenza. Non a caso continuo a chiamare “denarovirus”, il Covid, che ci toglie il sonno e, con esso, i sogni.
 
Il Molise, che non è né un cerchio né un quadrato, ma la rappresentazione di una farfalla, quest’anima ce l’ha ed io, stimolato dalla immaginazione e con l’aiuto di Salgado, che mi ha portato per mano, sono riuscito a trovarla nel “grande” Molise, frutto dell’emigrazione di centinaia di migliaia di molisani e, se si contano le nuove generazioni e quelli che si sono apparentati, i molisanici, qualche milione di persone legati al Molise, che sono altrove, in Italia e nel mondo.
  
Una farfalla di grande attualità e modernità, quale simbolo di sostenibilità, biodiversità, ruralità; luogo di antichi borghi e minuti centri abitativi ricchi di storia, cultura e tradizioni, sparsi nel verde dei boschi e delle campagne, che adornano le montagne e le colline, le piccole pianure a partire dal ristretto tratto di mare.
 
Una farfalla che racchiude un territorio ricco di campagna a circondare i piccoli centri.
 
La farfalla Molise, da sempre, terra di transito e di scambi con la transumanza e, come tale, luogo di ospitalità e di solidarietà. Dal 1870 fonte di flussi ricorrenti di emigrazione - come prima dicevo - in Italia ed all’estero, dando vita a comunità integrate con altre comunità.
 
Una farfalla colorata da quel grande artista, Ro Marcenaro, che il “denaro virus” si è portato via pochi giorno fa. A Ro è piaciuto subito il Molise, l’ha amato, ed al Molise ed a me ha dato più di un suggerimento.
Una “città ideale o città-campagna ideale”, vissuta da poco più di trecento mila abitanti, che - volendo seguire il ragionamento di Salgado - ha tutto per  rilanciare il sogno e quella “partecipazione” di cui ha particolare bisogno il mondo che viviamo.
 
Si tratta solo di dare, a chi vive lontano dal Molise, la possibilità di vivere questa “Città ideale”. 
Sono tanti, molisani e molisanici,  quelli legati al Molise, che possono animare il piccolo Molise e renderlo “grande” se la sua organizzazione urbanistica e le sue peculiarità storico- culturali, le sue tradizioni si fondono in una neo, moderna “Città ideale o Città-campagna ideale”, che trova nel fenomeno della emigrazione – la grande storia che l’ha segnata in profondità - il perno intorno al quale far girare tutte le azioni di una sua programmazione e l’armonia di uno sviluppo ricco di prospettive. 
 
Si tratta di recuperare i tanti castelli e i tanti palazzi storici sparsi sul territorio molisano e di riempirli delle culture e delle tradizioni dei Paesi e, anche, delle città che hanno ospitato i molisani, per rendere ognuno/a meta di visitatori, soprattutto delle nuove generazioni che hanno sentito parlare della terra di origine dei padri, dei nonni e dei bisnonni, per far vivere il legame con il Molise, renderlo non più solo desiderio, ma incontro.
 
Castelli e palazzi storici che, una volta collegati, diventano percorsi, cammini, incontri, turismi, a partire da quello esperienziale, e, penso alla piazza del paese; la chiacchierata con le persone; l’incontro con l’artigiano, il coltivatore o l’allevatore; le mille tradizioni, in particolare quelle legate al cibo, all’olio e al vino. Ecco la città ideale, non più sogno ma realtà.
 
Fare questo vuol dire rendere il Molise  una moderna “Città ideale o Città-campagna ideale” e, non solo, anche - per le sue dimensioni e le tante peculiarità proprie di un territorio che ha poco, ma ricco di tutto – un laboratorio per un Italia che, dalla seconda metà dell’800, ha visto partire, anche dal luogo più sperduto, i propri figli e ritrovarseli, poi, in ogni angolo del mondo, lontani.
 
Il sogno di vedere edificato un ponte con tante persone che lo attraversano, s’incontrano, si riconoscono e tornano a salutarsi anche solo con un “ciao”. Un ponte di tanti ponti animati, non dal dio denaro, ma da persone che hanno solo voglia di partecipare, conoscersi, riconoscersi, raccontare sogni e condividere quello del domani.
 
La farfalla Molise
 
Il Molise, che non è né un cerchio né un quadrato, ma la rappresentazione di una farfalla, quest’anima ce l’ha ed io, stimolato dalla immaginazione e con l’aiuto di Salgado, che mi ha portato per mano, sono riuscito a trovarla nel “grande” Molise, frutto dell’emigrazione di centinaia di migliaia di molisani.
  
Una farfalla di grande attualità e modernità, quale simbolo di sostenibilità, biodiversità, ruralità; luogo di antichi borghi e minuti centri abitativi ricchi di storia, cultura e tradizioni, sparsi nel verde dei boschi e delle campagne, che adornano le montagne e le colline, le piccole pianure a partire dal ristretto tratto di mare.
 
Una farfalla che racchiude un territorio ricco di spazi verdi a circondare i piccoli centri. La farfalla Molise, da sempre, terra di transito e di scambi con la transumanza e, come tale, luogo di ospitalità e di solidarietà. Dal 1870 fonte di flussi ricorrenti di emigrazione, con un milione di molisani che vivono fuori dal Molise, in Italia ed all’estero, dando vita a comunità integrate con altre comunità
 
Una farfalla che, così, racchiude e rappresenta una “Città – campagna” vissuta da poco più di trecento mila abitanti, che ha tutto, volendo seguire il ragionamento di Salgado, per poter diventare la città ideale, la sola capace di rilanciare il sogno e quella “partecipazione” di cui ha particolare bisogno il mondo che viviamo.
Si tratta solo di dare, a chi oggi è fuori dal Molise, la possibilità di vivere questa “Città – campagna”. 
Sono oltre un milione i molisani che possono fare grande il Molise, nel momento in cui la sua organizzazione urbanistica e le sue peculiarità storico- culturali, le sue tradizioni si fondono in una neo, moderna “Città ideale o Città – campagna ideale”, che trova nel fenomeno della emigrazione – la grande storia che l’ha segnata in profondità - il perno intorno al quale far girare tutte le azioni di una sua programmazione e l’armonia di uno sviluppo ricco di prospettive. 
 
Molise, corpo e anima dell’emigrazione
 
La centralità del Molise nella rappresentazione di 140 anni e più di emigrazione, che ha interessato il Nord come il Sud, come il Centro, ha un suo particolare significato, soprattutto per l’intensità del fenomeno che ha colpito una piccola realtà come la nostra, anche se fino al 1963, l’anno dell’autonomia, era fortemente legata alla realtà abruzzese e, prim’ancora anche a quella campana e pugliese.
 
Sta qui il valore ed il significato di “Città ideale o Città - campagna ideale”, cioè di corpo e anima, suo malgrado, di un fenomeno che ha segnato in profondità il Molise e l’Italia intera e che torna con grande forza nella memoria di chi ha vissuto sulla propria pelle i drammi e, anche, le tragedie prodotte dall’emigrazione.
 
Tanto più oggi, nel momento in cui sono da affrontare, con la necessaria apertura e cultura dell’ospitalità, il fenomeno crescente delle migrazioni che interessano il nostro Paese e l’Europa e quelli dell’integrazione che, se correttamente interpretati e attivati, possono dare importanti risposte alla crescita culturale, morale, sociale, politica ed economica dell’Italia.
 
Una necessità, in questa fase della nostra storia e della storia del mondo, che ha bisogno di pace e di dialogo per affrontare le questioni degli scambi e dei luoghi che li devono regolamentare, non di razzismo, di guerre che, invece di attutire gli scontri derivanti dalle profonde diversità e ingiustizie, non fa che aumentarli fomentando ancor di più il terrorismo e, con esso, le paure.
 
Macchiagodena e il suo Castello
 
L’idea nasce ancor prima dell’acquisto del Castello da parte della Regione e si trasforma, subito dopo la conferma dell’atto,  in una delibera predisposta dall’allora Sindaco Angelo Iapaolo, che il Consiglio comunale ha approvato all’unanimità.
 
Il Castello di Macchiagodena, per la sua posizione centrale, a cavallo delle due Provincie,  e per le sue caratteristiche architettoniche, una volta restaurato, può diventare una risorsa straordinaria, importante, se trasformato in  un contenitore capace di attirare l’attenzione del visitatore (l’idea di un centro internazionale araldica è perfetta). Anche, però, sede della programmazione e del coordinamento delle attività che devono animare  le altre sedi ed i territori di riferimento, una volta trasformati in contenitori di altrettante valide iniziative, da non lasciare soli e abbandonati al loro destino.
 
Ecco, allora, l’idea di dar vita a una rete di Castelli, Palazzi, Rocche e Dimore storiche, strutture di grande valore architettonico e ognuna al centro di territori significativi, memoria del passato, in grado di poter raccontare i valori e le risorse e, nello stesso tempo, di comunicarle, promuoverle e valorizzarle nell’interesse del Molise.
 
In questo modo il Castello di Macchiagodena diventa nodo che tiene unite le maglie della rete e ciò grazie alla possibilità di un progetto che guarda al Molise e pensa al suo futuro, nel momento in cui riesce a ritrovare ed a rappresentare l’anima che, per me, sta nel grande fenomeno dell’emigrazione. Si tratta di andare oltre la pura sopravvivenza, con il Molise sospeso com’è tra l’essere e non essere una realtà istituzionale, ma di rafforzamento di questo suo ruolo. Andare oltre questa fase che è sempre più  pericolosa per la sua stessa esistenza come regione.
 
Il Castello, una volta affermata la sua centralità all’interno  di una rete di Castelli, Palazzi, Rocche e Dimore storiche, quali punti d’incontri, luoghi di partenza e di arrivo di percorsi opportunamente organizzati e promossi, ha tutto per poter affermare pienamente il suo ruolo di luogo della progettualità del futuro del Molise.
 
 Il Castello diventa così uno straordinario pensatoio che lavora, avvalendosi di intelligenze e spiccate professionalità, per ricucire, con l’incontro tra piccolo e grande Molise, lo strappo creato dall’emigrazione
 
 
Castelli, Palazzi, Rocche e Dimore storiche, centri di cultura dell’emigrazione e luoghi d’incontro
 
I Castelli e le altre strutture da rendere principali punti di riferimento, con allestimenti e destinazioni suddivise per Regioni e/o per aree geografiche molisane, mete di un percorso che tocca l’intero Molise e/o di frazioni di questo percorso, con l’offerta di un pacchetto di itinerari da vivere tutt’i giorni della settimana o, volendo fare riferimento al turismo più diffuso, il fine settimana.
 
Castelli, Palazzi, e gli stessi itinerari, da pensare come tanti pezzi di un  unico discorso, che è quello di:
  •  alimentare la memoria per renderla strumento di conoscenza dell’emigrazione nella “nuova soggettività sociale, economica e politica” dei nostri emigranti, abbiano essi conservato o no la cittadinanza italiana;
  • stimolare e incentivare gli  scambi che servono per arricchire le vie (economiche, culturali, turistiche ed elettorali) in cui si svolge il pendolarismo di milioni di italiani emigrati o dei loro discendenti;
  • mettere a reddito la cultura, con la organizzazione e il collegamento di strutture di promozione d’incontri internazionali, nel Molise, in Italia ed all’estero; luoghi di studi, ricerca  e documentazione;
  • toccare con mano i valori paesaggistico -ambientali, quelli legati alle tradizioni ed alla nostra cultura enogastronomica così rappresentativa di quel patrimonio dell’umanità, dichiarato dall’Unesco, che è la Dieta mediterranea.
 
Centri di cultura e luoghi di incontro, spazi che servono ad animare il “Molise,Città - campagna ideale”, capace di parlare al mondo oltre che ai nostri emigranti o loro discendenti.
In questo modo una meta turistica di grande attrazione perché unica, particolare.
 
Ridare l’anima agli spazi abbandonati
 
Non un luogo, quindi, ma i luoghi di un Molise e questo per farli risorgere dall’abbandono in cui sono stati ridotti, dall’emigrazione e, ancora più, dalla cultura di uno “sviluppo” segnato dalla concentrazione in tre o quattro centri che continuano a crescere a spese dei piccoli paesi.
 
Ruolo e funzioni importanti per ridare al “Molise, Città – campagna ideale”, l’anima che serve per farlo esprimere e vivere nella mente e nel cuore dei molisani e degli uomini che a questa città si possono riconoscere e, così, legare.
 
Dare forza a questa idea e renderla viva con un progetto che serve alla realizzazione,  vuol dire salvare il Molise e il suo patrimonio più importante, il territorio, quale fonte di storia e di cultura, paesaggi e ambienti, prodotti e tradizioni e, quindi, di identità.
 
Identità di tutti quelli che a questo territorio sono legati con tanti fili, lunghi o corti, non importa, ed hanno bisogno di riviverlo o conoscerlo per la prima volta, dando in cambio, con la loro presenza, l’opportunità di sviluppare un turismo molto particolare, ricco di grande intensità dovuta a quella voglia di tornare che modifica il dna dei padri e rimane in quello dei figli.
 
Il valore della biodiversità e della ruralità
 
Un territorio ricco di biodiversità, di specificità che fanno la differenza e possono valere il futuro di questa Regione - altrimenti destinata a sparire come entità istituzionale - come espressione alta di ruralità, cioè una condizione di vita e di lavoro che nel Molise ancora vive e che, altrove, lo sviluppo industriale e la filosofia del consumismo hanno ridotto ai minimi termini o, peggio ancora, completamente cancellato.
 
Processi e filosofie che hanno interessato anche il Molise, nel momento in cui è stato invaso da industrie inquinanti, le sole rimaste mentre le altre sono già macerie della  crisi di un sistema che, non avendo la forza e la capacità di riconoscere il suo fallimento, continuerà a sopravvivere ma solo per produrre altri irreparabili disastri.
 
L’esperienza di questi ultimi anni dimostra che questi disastri sono possibili, qui nel Molise come nel resto del meridione, se si pensa alla diffusione insensata di pali e parchi eolici o alla voglia di allargare le attività delle industrie chimiche, altro non senso; all’idea di rendere il Molise sito delle scorie nucleari; alla programmazione di elettrodotti  e gasdotti o di megacentrali di biomasse e biogas; alla scelta di trivellare il suo mare e il suo territorio interno, pur sapendo che sono gocce di petrolio quelle che questo sottosuolo mette a disposizione.
 
Se si pensa, anche, al furto di territorio e, con esso, di terreno fertile che oggi mette a disposizione la prima energia di cui ha bisogno l’uomo, il cibo. Meno cibo vuol dire meno orti, meno vigne, meno oliveti, meno campi coltivati, meno pascoli, meno stalle, e, così, meno paesaggio, meno biodiversità, meno tradizioni, meno ruralità.
Non si può rimanere indifferenti a questa triste prospettiva e ciò è possibile se ci sono idee, progetti, programmi da realizzare, alternativi  a quelli sopra proposti, che, purtroppo, rischiano di essere avviati in tempi brevi.
 
Pianificare il futuro
Pianificare, oggi, un futuro diverso è la sola possibilità per poter continuare a parlare di futuro, soprattutto per una realtà piccola come il Molise.

Piccolo vuol dire essere debole, insignificante, niente, solo se non si ha la capacità di sognare, l’accortezza di curare i particolari e di dare significato ai valori e senso alle risorse che uno possiede. Si pensi ai valori storico – culturali, a quelli paesaggistico – ambientali e, ancora, a quelli legati alle tradizioni, come le feste o la cucina; alle risorse dell’agricoltura e della sua ruralità. In pratica al territorio di mille territori che il Molise è in grado di offrire.
 
Ecco, il Molise per poter pensare al suo futuro non può che partire dal suo territorio e vedere come spendere nel migliore dei modi le sue risorse e i suoi valori per dare ai suoi abitanti una possibilità di vita dignitosa, lontana dal consumismo e dagli sprechi. Un Molise laboratorio, esempio per il Paese, in particolare per il suo meridione.
 
Un futuro possibile, quindi, solo se esso – ripeto - nasce e prende corpo dalle sue risorse e dai suoi valori. Si tratta – alla luce anche della pesante crisi strutturale, frutto del fallimento del sistema di sviluppo, tutto basato su una visione assurda del pianeta qual è quella della inesauribilità delle risorse – di partire da ciò che uno ha, sapendo che tutto quello che uno ha è in quel prezioso bene comune che è il territorio.
 
Risorse da organizzare, certo, per renderle spendibili in una visione diametralmente opposta a quella ancora vigente e, cioè, risorse curate e spese per essere riprodotte e non distrutte, avendo a cuore l’elemento tempo, indispensabile per completare il processo riproduttivo che vuol dire sostenibilità. Quel tempo che il consumismo ha ridotto a puro spreco e che, invece, è il solo che dà al seme la possibilità di diventare pianta e allo spermatozoo di diventare prima feto e poi donna o uomo.
Il tempo di osservare un tramonto o un’alba, un cielo stellato con le sue lune; curare i sogni o ascoltare il vento che racconta del Nord o del Sud, dell’Ovest o dell’Est, e, mentre racconta, dà ad una pianta la possibilità di liberarsi delle foglie morte e stimolare l’impollinazione per far nascere una nuova vita.
 
Il Molise è al centro del mondo se, dopo aver fatto un inventario minuzioso delle sue risorse e dato ad esse un’attenta valutazione, mette a fuoco gli obiettivi che vuole raggiungere.
 
Il progetto
 
La possibilità di sviluppo del Molise non dipende solo dalle risorse finanziarie, pur necessarie, ma, soprattutto, dalla volontà di progettare la “Città -campagna ideale” e dare così al Molise un ruolo compatibile con uno sviluppo sostenibile ed ecocompatibile, che premia i valori del territorio e le sue naturali vocazioni, ciò che vuol dire un blocco delle iniziative in corso e la necessità di porre mano a tutto ciò che non è compatibile con il ruolo proprio di un Molise “Città – campagna ideale”.
 
Le risorse, in parte già disponibili, hanno bisogno solo di essere indirizzate e coordinate per la realizzazione del progetto all’interno di una nuova programmazione che, con queste basi, proietta il Molise nel mondo ed offre ad esso un futuro nel momento in cui viene ribaltato completamente il tipo di sviluppo che è causa della profonda crisi che vive il mondo e fonte di ingiustizie, di fame e di guerre che offendono l’uomo, non importa di che colore.
 
Una straordinaria opportunità d’impegno e di lavoro che ha bisogno di professionalità espresse nei più diversi campi di attività, da trovare con la collaborazione con l’Università e altre istituzioni regionali, per la stesura di un progetto di fattibilità che, una volta approvato e realizzato, diventa ponte tra il piccolo e grande Molise.
 
 


 
Sviluppatore dei contenuti: Antonio Giannandrea 2020